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Vorrei un suggerimento su possibili approcci terapeutici che mi possano essere d'aiuto

--Gianni--

Salve, vorrei un suggerimento su possibili approcci terapeutici che mi possano essere d'aiuto.
Sono un ragazzo di 27 anni, attualmente sono ancora in cura con un terapeuta della scuola sistemico relazionale, con il quale ho riconosciuto i condizionamenti derivanti dalla religione (cattolica) e probabilmente dall'avere una madre catechista con un carattere presente ed espansivo, e sicuramente anche apprensivo. Sono figlio unico, nato dopo 3 aborti spontanei e quindi con una particolare ed anche giustificata apprensione dei miei genitori. Il nostro nucleo familiare è estremamente piccolo, ed anche piuttosto povero di contatti sociali. Dai primi anni delle scuole superiori ho iniziato a provare disagio in contesti sociali soprattutto nuovi (es. feste, uscite in piazza, ecc.), successivamente mi sono "rifugiato" nel contesto parrocchiale dove le relazioni umane sono ammorbidite e forse un pò "artefatte" rispetto alla normale vita dei coetanei. Ho sempre avvertito così di vivere la vita "di sfuggita", toccandola di striscio, se non rischiando di mancarla: nel corso degli anni sono abbastanza radi i momenti di gratificazione ed esperienze di vita significative. In molto di quello che ho fatto mi rivedo in una posizione marginale, di penombra, con una scarsa partecipazione. Ho finora vissuto una sola storia d'amore importante, bella ma piena di altalenanze e che nell'arco dei 4 anni di conoscenza ha conosciuto molte crisi e ad allontanamenti (tutti da parte mia), e tutt'oggi non sa finire davvero nè trovare un suo equilibrio, facendomi pensare, forse impropriamente, ad una situazione di co-dipendenza. Il terapeuta ha continuamente riportato l'attenzione sulla presa di coscienza dei condizionamenti familiari/educazionali, sulla necessità di assumere responsabilità e di prendere decisioni, sul potere ampio della Volontà e sul suo allenamento e potenziamento, sul traguardo dell'indipendenza e quindi dall'uscita delle "dipendenze", fossero anche affettive o del parere degli altri. Poco è stato affrontato concretamente sul piano del miglioramento delle relazioni umane nel senso di ridurre le inibizioni, aumentare il numero di conoscenze e soprattutto gustare la compagnia dei più diversi tipi di persone e di contesti.


Attualmente il mio problema più grande è una grandissima indecisione riguardo al mio avvenire professionale, con il fantasma del fallimento dietro l'angolo. Ho portato a termine con una certa fatica ed insoddisfazione una laurea triennale senza proseguire il biennio quindi con scarse possibiiltà lavorative, per dedicarmi alla musica il cui studio si è però molto inaridito e ho rallentato così tanto gli studi da avvilirmi e perdere entusiasmo, vivendo infine lo studio come una prigionia. Sono scoraggiato e senza iniziativa per proporre una reale alternativa e organizzare il necessario per attuarla, e ondeggio in un senso di indecidibilità che azzera facilmente ogni iniziativa. Percepisco di non avere la forza per chiudere definitivamente la relazione di coppia, nè di trasformarla in una storia felice scegliendo decisamente questa ragazza in cuor mio, ed accettando lei e il nostro rapporto.
Questa crisi, che porta con sè un senso di lento disfacimento e paralisi, mi fa guardare al futuro con un senso di ineluttabile perdita di terreno e smarrimento, e con l'incapacità di essere autonomo e saper badare a me stesso quando i miei genitori non ci saranno più.


Vorrei sapere da che angolazione guardare a tutta questa vicenda, e come proporre un percorso efficace soprattutto per sbloccare questo senso di indecisione e tentennameno, e successivamente incrementare le abilità sociali oltre che la fiducia in me stesso.

grazie molte

Gianni


>Gentile Gianni,
lei descrive molto bene la sua condizione, usa bene le parole, ma si percepisce una sorta di “tecnicismo” che ricopre quasi totalmente l’espressione di un qualche desiderio. Sicuramente i discorsi relativi ai condizionamenti, alla in/dipendenza e all’humus culturale nel quale è cresciuto e dal quale è stato influenzato sono corretti, e averne coscienza è sicuramente un ottimo traguardo all’interno della conoscenza di sé. Mi viene però da chiederle se c’è secondo lei qualcosa in grado di darle soddisfazione, qualcosa che vorrebbe fare ma verso cui magari si manifestano delle inibizioni. Ha inoltre citato la musica. Era forse la musica un “luogo” in cui si sentiva più “vero” e meno artefatto?
“Vorrei sapere da che angolazione guardare a tutta questa vicenda, e come proporre un percorso efficace soprattutto per sbloccare questo senso di indecisione e tentennameno, e successivamente incrementare le abilità sociali oltre che la fiducia in me stesso.“
Il mio consiglio non è tanto quello di seguire un “corso”, un “training” su come incrementare le sue abilità relazionali, quanto di provare a chiedersi cosa le piacerebbe fare e provare a farlo, magari per i fatti suoi, così per provare. Non è sempre facile rispondersi a questa domanda, ma inizialmente le risposte possono concretizzarsi in piccole cose, non per forza cambiamenti radicali, piccole cose che però possono significare tanto perché più “vere” e meno forzate.
Ci scriva ancora se vuole, cordiali saluti,

Dott. Giovanni Castaldi

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