E' sbagliato il mio modo di fare?
--Giovanna--
sono una donna di 32 anni.
Andrò nel nocciolo delle cose e sintetizzerò tutto: fin da piccola sono stata una persona molto ansiosa.
All'età di 20 anni ho avuto il mio primo attacco di panico, ma in realtà i miei attacchi di panico, ad oggi, sono stati ben pochi (5 o 6 in tutto) e "solo" una volta (ringraziando il Cielo) ho avuto un attacco di panico "esemplare", dove ho perso il controllo totale di me stessa: non vedevo più niente intorno a me, il cuore batteva fortissimo, pensavo di morire...avevo 24 anni.
Sono stata per 2 anni in cura da uno psicoterapeuta e ho imparato ad "arrabbiarmi": mi sono accorta che non facevo valere abbastanza le mie ragioni.
Da allora ho pensato: o vivo io o vive chi mi "odia"! Ho scelto di vivere io! Bene: ho messo in pratica piano piano quello che mi è stato suggerito e ho notato che effettivamente sono stata molto meglio e ho imparato a difendermi, anche se non sono "eccelsa nel farlo".
Pochi giorni fa, infatti, mi sono accorta che ci sono dei limiti "imposti dalla società" e che "bisogna rispettare"!
E' successo che sul lavoro mi si voleva negare un diritto e, dopo l'estate schifosa che ho passato a lavorare, dopo che ho trascurato mio marito, la mia casa, tutti i miei familiari (me stessa prima di tutti), dopo che sono stata tanto precisa, tanto corretta, tanto meticolosa, ecc., mi sono vista negare un diritto. A quel punto, pensando a queste cose, mi sono agitata col "capo", il quale non voleva sentire ragioni e non se ne importa di noi dipendenti. Così mi sono ritrovata a sentire i miei colleghi dirmi che stavo sbagliando e che è inutile il mio comportamento.
In fondo qua, credo, non sono io a sbagliare ma il mio comportamento è dovuto al manifestarsi di ingiustizie (anche quando ero bambina i motivi erano gli stessi).
Sono fatta male: anche se vedo qualcun'altro in difficoltà ed è dalla parte della ragione, io, per quello che posso, lo difendo.
E' sbagliato il mio modo di fare?
Come posso imparare a contare fino a 3 prima di reagire? (Premetto che non sono aggressiva nè verbalmente, nè fisicamente, ma solo mi agito e alzo la voce).
Come? Ogni volta che devo superare "un esame", mi tocca pensare a come dovrei comportarmi nell'eventualità si dovesse presentare una ingiustizia? Come faccio a prevedere una ingiustizia se sono certa che le cose vadano bene?
Inoltre preciso che non è che mi agito per nulla, ma solo se i motivi sono seri!
Grazie a chi potrà rispondermi.
>Gentile Giovanna,
in linea di principio il suo modo di fare non è “sbagliato”, anzi.
Tuttavia mi è difficile poter esprimere un parere senza avere dei dettagli aggiuntivi in merito al formarsi in lei di queste reazioni. È possibile che la sua storia personale – in particolare le dinamiche attraverso cui ha compreso i suoi attacchi di panico – l’abbia resa più “sensibile” a quelle situazioni in cui viene inibita una reazione emotiva di fronte a una scorrettezza. Ancora più in generale, sulle questioni etiche o morali è certo che troverà sempre qualcuno che non la pensa come lei. È possibile che, seppure lei riconosca razionalmente la legittimità delle sue reazioni, ci sia ancora una parte di lei che le “giudica” inappropriate.
Con questo non voglio dire che sia corretto dare sfogo in ogni caso alle proprie reazioni emotive (e può darsi che i suoi colleghi si riferissero a questo tipo di comportamento); piuttosto risulta importante riconoscerle ed accettarle al fine di poter mediare fra esse e “i limiti imposti dalla società” in modo più sereno e meno accusatorio nei confronti di se stessa.
Ci scriva ancora se vuole, cordiali saluti,
Dott. Giovanni Castaldi