I miei problemi interiori stanno uscendo allo scoperto
--Stefania--
Salve, dottore. Inizio dicendo che non so se la mia prolissa domanda sia più uno sfogo o una richiesta di aiuto, forse entrambe. I miei problemi interiori stanno uscendo allo scoperto in un periodo della mia vita che si può definire "tranquillo": i problemi familiari non sono più così grossi, non devo più stringere i denti. Forse, però, il mio ingombrante passato ha lasciato il segno su di me, rendendomi una persona contraddittoria, con la paura di essere sola ma il costante bisogno di allontanare gli altri, quelli che sono o potrebbero essere miei amici. Questa dinamica è stata inconscia per un po', ora è venuta allo scoperto ma non si è risolta, anzi. Ora allontano in modo consapevole gli altri. Tutto questo è accompagnato dalla mia sfiducia verso il prossimo e verso la società, così stereotipata... Il mio bisogno di avere una guida si scontra con il mio rifiuto ad averne una al di fuori di me stessa. Non posso parlare dei miei problemi, dei dubbi, delle mie preoccupazioni con mia madre, ha troppi problemi di suo. Gli altri, come ho detto, li allontano, e comunque "non li ritengo in grado" di aiutarmi. Sono molto introversa e esprimo poco le mie emozioni (altra fonte inesauribile di piccoli problemi). Mi sento bloccata, priva dell'illusione di libertà che potrei avere (perché un'illusione? perché, tra le altre cose, mi piace fare filosofia spicciola). Per di più non ho un sogno o un obiettivo e questo mi dispiace molto. Vorrei avere un vero motivo per alzarmi la mattina, ora fatico a farlo. Altri problemi sono direttamente collegati alla mia storia personale, che ora racconterò.
Sono nata ben 17 anni fa in una famiglia composta da mia madre (una persona molto intelligente, profonda, che amo moltissimo; purtroppo malata di sclerosi multipla)e dai miei nonni materni, che si sono sempre occupati di me quando mia madre lavorava (faceva l'insegnante). Si può dire che mi hanno cresciuta.. Non ho mai conosciuto mio padre, che ha lasciato mamma quando era incinta con l'assurda motivazione della sua malattia. I primi anni della mia vita li ho vissuti nella classica "campana di vetro" propria dei figli unici molto amati e viziati dalla famiglia. Non ho frequentato quasi per nulla la scuola materna (rimanevo con mia nonna) e, entrata alle scuole elementari, ho avuto fin da subito qualche problema con i miei coetanei: dicevo di trovarli illogici e non stavo tanto bene con loro. Di risposta alle mie perplessità, mia madre e mia nonna mi dicevano che ero più matura degli altri bambini ed era per questo che li trovavo illogici. Che la cosa fosse stata vera o no, in ogni caso non ha prodotto effetti positivi: visto che non riuscivo ad avere amicizie soddisfacenti, ho cercato di ostentare la mia presunta superiorità in ambito scolastico, dove riuscivo a primeggiare. Questo fatto e la mia presunzione (conseguenza diretta) non ha fatto che accrescere la mia antipatia: non so se, tra la terza elementare e la prima media, mi abbiano preso in giro più per questo o per i miei difetti fisici (denti in fuori, occhiali tondi ecc.). Il primo anno delle medie è iniziato col mio sollievo per non dover più rimanere nella vecchia classe, ma è continuato male: ero in una classe quasi esclusivamente composta da maschi, tra i quali non mi sono mai inserita. In quell'anno, i miei nonni si sono entrambi ammalati di cancro. A 12-13 anni ho visto le persone che mi hanno cresciuta morire consumate dalla malattia, tra la disperazione di mia madre, malata, che da sola tentava di prendersi cura di sua madre, di suo padre e di me. Sentivo di dover fare qualcosa, ma non sapevo cosa. Mi sentivo impotente, ero passata dalle piume alle spine e non riuscivo a capacitarmene. Ricordo le corse in ospedale, mia madre che ha iniziato ad usare la sedia a rotelle, la morte di mia nonna: allora non avevo nessun amico vicino. Alla morte di mio nonno, avvenuta pochi mesi dopo, ero assuefatta al dolore; non ho pianto nemmeno una lacrima. Rimasta sola con mia madre, in congedo dal lavoro, la mia vita è continuata. Alla fine della seconda media ho deciso di dare una svolta alla mia vita, ho cambiato sezione, ho trovato un'amica del cuore e altre amiche con cui uscivo. Ho iniziato a curarmi molto e, a 14 anni, mi sono ritrovata intraprendente e disinvolta nel trovarmi un ragazzo, di cui mi sono perdutamente innamorata. Tra la mia e la sua incapacità di gestire una relazione, la storia è finita dopo 5 o 6 mesi. Mi ha lasciata scrivendomi un messaggio; la mia prima reazione è stata quella di provare a soffocare nell'orgoglio tutti i miei sentimenti in poche ore. Non posso dire di esserci riuscita veramente, ma il mio orgoglio è rimasto ben presente fino ad oggi: gli ho rivolto (se così si può dire) la parola soltanto pochi mesi fa, dopo 3 anni! Le altre storie che ho avuto sono state insignificanti, soprattutto a livello emozionale.
Dopo la terza media ho scelto il Liceo Classico. Non so se l'ho fatto perché era la scuola più impegnativa che avevo individuato (sfida con me stessa..) o perché stavo iniziando ad amare la filosofia e la scrittura creativa. Probabilmente entrambe le cose. La classe mi piaceva (e mi piace ancora), mi trovavo bene e avevo trovato nuovi amici, in particolare la mia compagna di banco. Gli studi procedevano (e procedono) bene, ho fatto una buona scelta. Ma dalla metà del secondo anno ho iniziato ad allontanare, inconsciamente, le persone che avevo intorno: mi curavo poco ed ero taciturna e scorbutica; era faticoso starmi accanto, lo ammetto. [Il fatto che abbia usato il passato non vuol dire che la situazione sia cambiata più di tanto, forse un po'...] Ora, in più, il fatto di crescere e di prendermi delle responsabilità, come stare veramente accanto a mia madre, e il fatto di fare delle scelte serie per il futuro mi fa veramente paura.
Se è arrivato a leggere fin qui, devo solo ringraziarLa per la pazienza. Ne trova ancora un po' per darmi qualche consiglio per risolvere questa situazione? Sono davvero confusa...
>Gentile Stefania,
sicuramente gli accadimenti familiari molto dolorosi che lei ha dovuto affrontare hanno lasciato un segno complesso, contribuendo in certi aspetti a farla maturare in anticipo rispetto ai suoi coetanei ma innescando dei meccanismi di difesa rispetto alla relazione con gli altri. Per esempio lei, forse, si difende dalla paura inconscia di perderli.
Lei ha una notevole capacità di riflettere e di esprimersi attraverso il linguaggio e potrebbe coltivare questo suo tratto dedicandosi a delle attività creative, che potrebbero fornirle stimoli alternativi e facilitarle il suo rapporto con le emozioni, prendendosi in questo modo cura di se stessa.
Ci scriva ancora se vuole, cordiali saluti,
Dott. Giovanni Castaldi