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2011/2012 Federica

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Federica

 

“L'ALTRO”

Chi è l’altro?
Per questo laboratorio ci è stato chiesto di effettuare una performance, un disegno, qualunque cosa noi volessimo su un tema specifico: l’altro!
Io ho realizzato un dipinto ad acquerello in cui appare una casa, e davanti ad essa tre figure femminili, di spalle che stanno arrivando, mentre alla finestra, piccolina, una ragazza le guarda con un’espressione di stupore e paura sul volto.
L’altro per me è lo sconosciuto, il nuovo, lo straniero, colui che entra prepotente nella nostra vita, cambiandola.
L’atro può venir inteso come il nuovo che può spaventare fino a bloccarci. Nel mio caso, io sono una persona che è alla ricerca continua del nuovo, ma allo stesso tempo lo temo. La vita quotidiana, l’abitudine presto mi annoia, ma essere messa di fronte a una scelta, destra o sinistra, andare o restare, mi blocca. Che faccio?- Eppure , io credo che anche se fa paura dobbiamo aprirci al nuovo. Dobbiamo andare, gettare la fune e imbarcarci in qualcosa. Fosse anche solo un hobby, una passione, qualcosa da imparare non è necessario girare tutta l’India alla ricerca di noi, a volte si scopre che la felicità dopo aver girato tutto il mondo alla sua ricerca, era a casa nostra!

Come è successo a me. Quest’anno ho lasciato la mia famiglia e mi sono trasferita a Torino per studiare e vivere con altre studentesse della mia età. Ne ero entusiasta! La vita del paese mi annoiava, non mi bastava più (i soliti amici, i soliti posti, ecc.) cosi ho sfruttato l’occasione dell’università, per staccarmi dai miei. Ed è andata che il destino ha voluto che incontrassi una persona durante le vacanze di Natale, giù, a casa mia, che mi innamorassi e oggi noi stiamo insieme. Il destino ha voluto riportarmi indietro, a casa, proprio lì dove i miei guai erano successi (episodi di depressione, bulimia, conflitti coi miei). Io credo che il destino a volte debba essere assecondato. Oggi sono felice. Sono inaspettatamente felice anche a casa mia. Perché mi sento piena, non mi manca altro. Ho recuperato il rapporto coi miei, vivo la mia età in modo più sereno, come tutti ho momenti di pazzia e sconforto, ma oggi sto bene! Perché sto fondamentalmente bene con me stessa. Questo grazie alla mia esperienza fuori casa, probabilmente, grazie alla mia volontà, forse, ma soprattutto grazie al mio fidanzato che mi ha insegnato l’amore. Io oggi mi sento amata!! Prima c’era una sola cosa che mi faceva sentire amata, paradossalmente, : il cibo! È lì che mi rifugiavo il pomeriggio, per riempire le mie giornate, la noia, l’insofferenza, per far passare il tempo che non passava, per soffocare certi pensieri assordanti: insomma un’ infinita fame d’ amore, la mia!!! E ne ero consapevole. Leggevo mille libri sul tema, riempivo quaderni di buoni propositi, mi imponevo diete restrittive, palestra. In breve cercavo in tutti i modi di uscirne e allo stesso tempo continuavo a rimpinzarmi. Le due cose avvenivano contemporaneamente. Difficilmente mi sarei aiutata in questo modo. Un circolo vizioso, un tunnel in cui non vedevo mai la fine.
Oggi quella fame assurda e mortale è finita. Ho imparato ad ascoltarmi, a sentire la mia vera fame, a dar retta al mio stomaco e solo allora mangiare. Mentre scrivo queste parole avverto quanto il cibo prima mi recava piacere (era il vero unico piacere) (ma infondo non lo era per niente, era solo diventato un vizio, una droga) e come ora esso abbia ritrovato il suo giusto peso, il posto che gli spetta. La mia vita si era allontanata da me. E io mi stavo allontanando dalla vita. Mi stavo perdendo. Oggi mi sono ritrovata!


Ma dicevamo appunto, l’altro. L’altro può essere inteso anche come il diverso. Gay, lesbica, nero, handicappato, cieco: insomma una persona che non è come noi, pur essendo (uomo) come noi.
Dire “siamo tutti uguali” è una bella favoletta. Già, con le belle parole siamo bravi tutti, ma siamo tutti davvero capaci di guardare un ragazzo spastico su una carrozzina senza provare pena, allontanamento, paura? Senza trattarlo in modo diverso? Se avessi un bambino autistico, lo tratterei come tratto un bambino sano? Trovandoci sul tram accanto ad un rumeno riusciremo a comportarci esattamente come se di fronte a noi ci fosse un ragazzo di Torino? O non gli daremo confidenza, magari, nel migliore dei casi?
La pratica insomma è molto diversa dalla teoria. La verità è che l’altro fa paura, o comunque mette distanza. Come tutto ciò che non si conosce fa paura.
Queste sono state le mie osservazioni su questa esperienza. Sono tutte domande lasciate fluire, aperte, senza una risposta. Nascono dall’esperienza dei laboratori e dalle lezioni in classe in cui il professore ci ha messo di fronte a disegni di ragazzini autistici o comunque con problemi di natura psichica, o bambini reduci da campi di sterminio, impauriti, muti, allucinati. Mi sono chiesta : - E se fosse capitato a me di essere nata “diversa”? di aver subìto un qualche trauma che mi avesse alterata irreversibilmente?-.
Troppo spesso noi ci facciamo la nostra vita, presi da mille pensieri della vita di tutti i giorni, lamentandoci di ciò che non abbiamo, di ciò che vorremmo senza pensare agli altri, a chi sta messo peggio (e non sta molto distante da noi).
Questa esperienza un po’ mi ha cambiata. Sono sempre stata una ragazza riflessiva e responsabile, ma, presa anche tanto da me stessa, dai miei “problemi”, molte volte non ho dato peso, non ho guardato. Penso sia una mancanza comune, insita nel genere umano, quella di badare soprattutto a se stessi, salvo guardare all’altro per giudicarlo, invece di comprendere. Per questo secondo me
il corso è stato importante: ha dato spunti interessanti per riflettere, per osservare con più attenzione il nostro mondo e la nostra vita.

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“SESSUALITA'”

Il tema del sesso.
Ho scelto di realizzare ancora una volta un disegno, questa volta a matita, in cui appaiono due figure femminili: una piccola e dalle dritta (corpo di bambina) e l’altra più alta e formosa (corpo di donna). Ho voluto cosi rappresentare le due età della donna: l’infanzia e l’età adulta.
Due corpi, due linee diverse: minuto e dalle linee androgine, il primo; sinuoso e prosperoso il secondo. Due differenti modi di approcciarsi al mondo, dunque, alla propria immagine, al proprio sé. Al proprio rapporto col corpo.

Quando il professore ci ha assegnato il tema della sessualità (ancora una volta di portare qualunque materiale a nostro piacere) da subito mi sono allarmata. – E adesso cosa faccio? Che mi invento per questo tema?- mi sono chiesta. momneto . Sul momento non mi veniva in mente niente. Buio totale.
Avevamo tempo una settimana però, cosi mi sono calmata e mi son detta che ci avrei pensato su. Poi il giorno in cui mi sono organizzata per realizzare il compito, è stato un attimo e l’opera è stata pronta in un baleno! Ho preso un foglio (il primo che ho trovato in casa- infatti come si può vedere è un foglio a quadretti) e ho iniziato a lasciare andare liberamente la mano. In testa avevo solo un pensiero: il tema è quello del sesso. E del tutto naturalmente, senza troppi schemi o elaborazioni, il lavoro è nato. Ho avuto lo spunto dalla visione di una mamma e una bambina, un giorno seduta al parco. Non so il perché ma in quell’occasione particolare mi sono soffermata proprio sul corpo, quello del bambino e quello dell’adulto. Ho aperto gli occhi sull’evidente metamorfosi fisica.
Una donna e una bambina, dicevamo. Due corpi, opposti e complementari allo stesso tempo, rappresentanti di due stagioni di vita diverse. Ho voluto mostrare l’evoluzione che il corpo subisce nel corso del tempo e questa trasformazione è visibile chiaramente nel corpo femminile. Le linee si fanno più morbide, piene, soffici, vellutate. Si sviluppa il seno, si ingrandiscono i fianchi e si ingrossano i glutei. La pubertà infatti è il periodo di cambiamenti fisici attraverso i quali il corpo di un bambino diviene un corpo adulto capace di riproduzione.

Cosa c’entra tutto ciò con la sessualità?
Lo chiarisco subito.
Il corpo del bambino è da tutti ritenuto lo specchio della purezza, del gioco, della limpidezza.
Il corpo della donna adulta, invece, è l’immagine della sensualità, della bellezza e del piacere.
Ed proprio qui che l’elemento sessuale si colloca: esso normalmente si pensa si ritrovi solamente nell’età adulta, mentre in realtà, come ha chiarito la psicanalisi, è naturalmente presente fin dalla prima età . Detto con altre parole gli impulsi sessuali sono presenti sin dall’età infantile sotto forma di masturbazione per auto indursi piacere (ad es. attraverso lo sfregamento dei propri genitali o lo strofinamento contro oggetti, pupazzi, spigoli ecc.) . Infatti come ha detto bene Freud, il bambino piccolo è un essere sessuato, che gode sempre con la bocca (infatti mette tutto in bocca poiché essa è per lui fonte di piacere) .
La masturbazione è l'auto stimolazione dei genitali a scopo di piacere e di auto consolazione. È soprattutto quest'ultima la causa principale, in quanto il bambino che si masturba usa questo sistema per consolarsi nei momenti di stanchezza, solitudine, noia e quando si deve addormentare; la stessa auto consolazione certi bambini piccoli la provano col succhiotto o con movimenti ritmici del capo o con dondolamenti, cioè con gesti ripetuti.
La ripetizione di espressioni e gesti è il modo per il bambino di ripetere il godimento. Invece l’adulto si frena, si inibisce. Cosi come nel disegnare: se il bambino si abbandona liberamente al gesto grafico, l’adulto si inibisce per la paura di non esser capace. La masturbazione del bambino è dunque un’azione del tutto normale se fatta in intimità.
Il sesso è presente in tutte e due le figure: la bambina e la donna, dunque. Questa è la conclusione della mia tesi.

Questa esperienza ha suscitato in me un certo imbarazzo, non lo nascondo. La sessualità oggigiorno è un tabù superato, ma per quanto concerne la mia educazione, la mia famiglia e la mia esperienza personale, parlare di sesso non è così naturale come mangiare una mela. E rappresentarlo, ancora più difficile. Ma sessualità è il rapporto col proprio corpo, è intimità, erotismo, bellezza, oltre che godimento e piacere. Per questo ho rappresentato due corpi nudi. Nessuna volgarità, è esattamente cosi che la vedo io. Solo naturalezza, solo spontaneità nel mostrarsi intente ad accarezzarsi o a toccarsi per provare piacere. Siamo stati fatti in questo modo con questi istinti, e non c’è nulla di male. Se non fosse per il moralismo della chiesa e l’educazione cattolica della nostra società, le cose le avremmo viste cosi anche prima ( io le avrei viste cosi anche prima) senza inutili sensi di colpa per voler vivere la propria sessualità. Liberamente.

Questo esercizio mi ha fatto riflettere proprio su questo: sulla mia idea di sesso, sulla libertà di esprimere le proprie voglie, i propri bisogni, su come oggi, a differenza dell’epoca dei nostri nonni, sia cambiato tale concetto, e su come sia cresciuto e si sia evoluto in me.
Per me il sesso ha a che fare con una sfera intima, personale, non è esibizione, sfrontatezza. È una cosa pulita, bella. Ma questo è il mio personale modo di vedere.

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“VIOLENZA”

Ho rappresentato la violenza con un dipinto ad acquarello in cui mostro un volto semicelato, nero, con la bocca spalancata, in un’espressione alla Munch, violenta e dilaniata. È la mia visione della tortura, della barbarie, del sopruso, della violenza. Sullo sfondo alcune figure in rosso e in nero suggeriscono uomini armati, soldati feroci con fucili: gli assassini, i persecutori.
Cos’è la violenza?

Si può considerare violenza ogni abuso di potere e controllo che si manifesta attraverso il sopruso fisico, sessuale, psicologico, economico. Questi diversi tipi di violenza possono presentarsi isolatamente, ma spesso sono combinati insieme, in modo che una forma di controllo apra le porte all'altra. Ciò accade soprattutto quando conosciamo chi usa violenza e siamo legate a lui da un rapporto affettivo (è il nostro partner, nostro padre, l'amico di famiglia...). Anche nelle aggressioni subite da estranei tuttavia la violenza fisica si può accompagnare a minacce, umiliazioni, limitazione della libertà di movimento.

Ho cercato sul dizionario le specifiche definizioni di violenza.
Violenza Psicologica: ogni mancanza di rispetto che offende e mortifica la dignità.
Violenza sessuale: ogni forma di coinvolgimento in attività sessuali senza il tuo consenso.
Violenza fisica: ogni forma di violenza contro di te, il tuo corpo e le tue proprietà.
Violenza economica: ogni forma di controllo sulla tua autonomia economica.

La personalità violenta è colui che ti critica costantemente, ti umilia, ti rende ridicola davanti agli altri, ti insulta; è colui che ti segue, controlla i tuoi spostamenti, ti impedisce di vedere i tuoi amici o i tuoi familiari, minaccia di fare del male a te o alla tua famiglia. A volte minaccia di fare del male a se stesso, o di uccidersi, se le cose non vanno come vuole.

Ho letto che contrariamente a quanto si pensi la maggior parte delle violenze sessuali è opera di persone conosciute. Ex partner, amici, vicini di casa, colleghi con i quali esiste un rapporto e che si sentono autorizzati a non rispettare i nostri "no", in qualunque momento essi vengano pronunciati.
Anche nella coppia, la legge ormai riconosce come atto violento un rapporto sessuale senza il tuo consenso. Perché ci sia un abuso non è necessario che avvenga un rapporto fisico: anche essere forzata ad assistere è violenza.
Quando la violenza riguarda le bambine e i bambini, spesso inizia con dei "giochi", che coinvolgono sempre di più la sessualità, anche in modo indiretto.

Ritornando al mio disegno, violenza è anche e soprattutto la guerra!
La guerra in qualunque paese avvenga, in qualunque epoca storica, è comunque un evento tragico e doloroso, che annienta, che sconvolge, che lascia segni visibili sul corpo e sulla psiche (e molte volte si paga con il prezzo della vita umana) .
A lezione abbiamo parlato delle vittime della guerra, dei bambini nel caso specifico, e di tutti coloro che sono sopravvissuti, scampati alla guerra oppure di coloro che non ce l’hanno fatta a tornare. Anche tornare a casa non è un’esperienza facile, però. Bisogna far i conti con i propri ricordi (struggenti e dilanianti) e con le proprie paure e tormenti. Tornare dalla guerra significa tornare traumatizzati. Per questo le vittime sopravvissute devo intraprendere necessariamente un percorso terapeutico per riprendersi dal trauma. A volte è soprattutto il senso di colpa a farsi voce pesante nella mente dei sopravvissuti. “Perché io mi sono salvato e i miei fratelli no?”. Tutte domande che non avranno mai risposta.
Il professore ci ha mostrato disegni di bambini ebrei, disegni realizzati prima di esser uccisi nelle camere a gas. I disegni ci mostrano quella tragica realtà vista cogli occhi dei bambini.
Sono traumi feroci quelli che hanno subito quelle persone, figurarsi cosa deve esser stato per un bambino!

Mi ha colpito molto in particolare un’ immagine: una fotografia del dopoguerra che rappresenta una bambina alla lavagna. Quello che stupisce è il volto della bambina: allucinato, sconvolto, assente, vuoto come eclissato. Lei non esiste più. La guerra le ha rubato la spensieratezza, la gioia, il sorriso che le spettavano. Anche i suoi segni alla lavagna sono vuoti, nulli, senza senso come scarabocchi. Gli occhi sbarrati, assenti,… sono occhi di chi ha visto l’orrore e continua vederlo. Non potranno più vedere il mondo come prima. Quella bambina non c’è più.
Poi, chissà, in alcuni casi una vita normale può ancora essere possibile.
Ma il percorso sarà sicuramente in salita.


Recentemente ho avuto modo di entrare in contatto con un ragazzino violento, non in modo grave, ma generalmente incapace di controllare la propria rabbia. Scattava per un nonnulla, gli occhi gli si riempivano di rosso, indomabile, diventava cattivo e incuteva paura. Poi quando si calmava, era come un’altra persona, tenero anche, buono, generoso, mai incontrato un ragazzo cosi dolce_ mi sono detta.
Riflettendo, sono giunta alla conclusione che dietro a questi scatti d’ira (di violenza si potrebbe dire) si nasconde tanta insicurezza, tanta paura e fragilità. È un modo sbagliato ed eccessivo per affrontare una situazione, e noi non siamo animali in fondo? Gli animali attaccano o per paura o per fame, cosi forse la prima è la spiegazione dei nostri atti violenti verso gli altri (visto che non siamo cannibali). Come io stessa e mio padre per anni non abbiam fatto altro che urlarci addosso tutta la nostra incomprensione, e distanza e divergenza. Dietro quella rabbia si nascondeva tanto bisogno dell'altro, tanto bisogno di amore. Così il mio amico deve avere qualche motivo lontano, inconscio, che lo porta a non tollerare, a scoppiare.


Ringrazio il professore per l’opportunità che ci ha donato perché questo laboratorio ci ha dato modo di riflettere su alcune tematiche importanti quali: la violenza, la sessualità, l’altro e la sfera del sé. È stato un laboratorio molto stimolante. Ci ha permesso di connetterci con le nostre percezioni, con la nostra visione del mondo, il senso del nostro mondo interiore.
Magari ci fossero altri corsi cosi all’università! Gli studenti sarebbero più felici.

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Questi contenuti sono stati pubblicati con l'esplicito consenso da parte dell'autore.

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